Zampogna

 

Chitarra battente a fondo piatto - Chitarra battente a fondo bombato - Lira - Pipita - Altro

Tutte le varietà morfologiche della zampogna diffuse in Calabria nel recente passato sono ancora oggi costruite e suonate in ambito popolare, nonostante la temibile concorrenza dell’industriale e meccanico aerofono a mantice detto organetto, che, introdotto nella musica tradizionale soprattutto nel periodo a cavallo delle due guerre mondiali, si è affermato con forza nell’ultimo cinquantennio, quasi sempre a scapito del più antico ed interessante aerofono ad ancia e alimentazione a riserva d’aria. Per designare la zampogna, rimasta comunque nell’immaginario popolare “u strummentu” per eccellenza, nella Calabria meridionale si usa quasi sempre il termine plurale ciarameddi, che ne evidenzia la natura polifonica. Infatti i ciarameddi calabresi (a differenza delle cornamuse, le loro “cugine” settentrionali) appartengono al modello di zampogna tipico dell’Italia centro-meridionale, connotato dalla presenza di due canne melodiche e di bordoni (2, 3, in certi rari casi 4) impiantati in un unico blocco di legno tronco-conico (testali, bussola) che funge da collegamento con l’interno dell’utri, il sacco di pelle di capra. Le ance dunque (semplici o doppie a seconda del tipo di zampogna e/o dell’area geografica della regione) sono alloggiate all’interno del blocco di legno e, sollecitate dall’aria che l’utri raccoglie, vibrano contemporaneamente producendo un suono continuo.

Ingegnoso strumento, quindi, che non poteva non tentare l’ingegnoso Bruno, senza contare che il mastro nostro, pur se esibisce di solito una ruvida scorza, è senz’altro un sentimentale: io so che lui, che della riproposta di strumenti di interesse minoritario ha fatto una bandiera, che pur essendo capace di qualsiasi esperimento è disposto solo ad impegnarsi nella conservazione del patrimonio tradizionale, con nostalgia ed orgoglio vede nella zampogna a paru essenzialmente il mezzo di cui si serviva la buonanima dello zio Nando per interpretare da par suo un sapere musicale collettivo. Fino ad oggi Bruno Marzano ha sfornato alcuni esemplari di ciarameddi a paru (a proposito, lo strumento si chiama così per via della medesima lunghezza delle due canne melodiche, che si muovono nell’ambito complessivo di un’ottava e presentano tre suoni in comune) dopo aver studiato i procedimenti costruttivi di altri due mastri ancora attivi (Giuseppe Romano di Antonimina, che è anche poeta popolare e valido suonatore, e Pietro Romeo di Brancaleone, anche lui suonatore ed ottimo cantore) e le opere ancora molto diffuse sul territorio dello scomparso mastro dei mastri Michelangelo Monteleone.

 

Pure ha costruito un paio di esemplari della zampogna a la moderna, strumento che della zampogna a chiave condivide la meno arcaica scala e la presenza del bordone basso intonato sulla tonica accanto agli altri due intonati sulla dominante. Oggi la zampogna a la moderna è ancora suonata nella Vallata dell’ Amendolea, in particolare a Bova, e nel territorio di Cardeto dove però il povero bordone maggiore (zumbicu) viene azzittito. Monta ance semplici come del resto la stessa zampogna a paru nella Calabria più meridionale. In passato Michelangelo Monteleone costruiva zampogne a la moderna dotate di ance doppie non solo per gli acquirenti/suonatori grecofoni che incontrava ogni anno a Polsi ma anche per musicisti della sua area che consideravano lo strumento una piccola zampogna c’u puntu (foro digitale) al posto del meccanismo della chiave, messo a disposizione del mignolo della mano impegnata sul chanter più grave. Il genero Pasquale Raffa, infatti, ottimo suonatore di zampogna a chiave, fece il suo apprendistato musicale avvalendosi di una zampogna a la moderna.