La lira

 

Chitarra battente a fondo piatto - Chitarra battente a fondo bombato - Zampogna - Pipita - Altro

Questo antico ed affascinante cordofono ad arco era suonato fino agli anni trenta del Novecento, stando ad alcune testimonianze di anziani familiari di Bruno, anche nella sub-area della Locride nella quale ricade Bosco Sant’Ippolito, dove il mastro vive ed è nato. è ricavato da un unico pezzo di legno scavato su cui viene incollata la tavola armonica, fornita di due fori di risonanza di solito circolari o semi-circolari a cavallo dei quali, poggiato sulla striscia di legno che li separa, è posto in genere il ponticello, che comunica con il fondo dello strumento grazie ad un’anima mobile di canna. La lira, priva di tastiera, monta tre corde fissate a una cordiera di cuoio collocata sulla fascia inferiore e tirate da tre piroli alloggiati nella parte posteriore della paletta. Anticamente erano di budello animale o si ricavavano dalle fibre dell’agave, i pochissimi musicisti popolari ancora attivi tendono oggi ad utilizzare corde di nylon.

I suonatori impugnano la lira e tastano le corde con la mano sinistra (quasi tutti ottengono la tastatura lateralmente con le unghie, faceva eccezione Peppe Fragomeni di Siderno, scomparso nel 1997, che si serviva dei polpastrelli), la destra impugna l’arco che sfrega sempre due corde alla volta ( la corda centrale funge da bordone, si possono dunque suonare insieme di volta in volta la prima con la seconda e la seconda con la terza). Lo strumento si tiene in posizione verticale; c’è chi lo suona stando seduto e appoggiandolo sulle due gambe chiuse, come fa Ciccio Staltari della contrada Chiusa vicino Gerace, e chi, come il suonatore-costruttore Fragomeni citato prima, lo poggia su un ginocchio riuscendo a suonare anche in piedi. La lira, grazie alla circolazione culturale favorita nei secoli X e XI dagli arabi e dai bizantini, appartiene a un tipo strumentale che occupa un posto di rilievo in alcune tradizioni musicali del bacino del Mediterraneo e nella nostra regione, come è accaduto per la chitarra battente, è stata calabresizzata: la diteggiatura infatti si attiene a una scala riconducibile a quella della zampogna a paru e  anche il repertorio ripropone le forme strumentali e vocali/strumentali tipiche degli altri strumenti (l’accompagnamento al canto, la musica per il ballo e le suonate natalizie). Nel laboratorio di Bruno Marzano si costruiscono vari tipi di lira, diversi per forma e dimensioni; ciascuno di essi riproduce con cura un modello di quelli rilevati dai ricercatori della cooperativa Raffaele Lombardi Satriani (vedi La lira in Calabria, CD con libretto illustrativo, RLS 002, a cura della coop. RLS, 1994 e Lira di Goffredo Plastino, Monteleone, Vibo Valentia 1994) o rinvenuto dal liutaio stesso in anni più recenti.